Il libro

Il volume (pubblicato in Inglese dalla prestigiosa casa editrice Palgrave Macmillan), dal titolo Lobbying in Europe. Public Affairs and the lobbying Industry in 28 EU Countries, fornisce un’analisi del settore del lobbying e del mercato dei public affairs in ognuno degli attuali 28 membri dell’Unione Europea (Regno Unito incluso quindi), oltre che nel quadro delle istituzioni europee centrali. Oltre ad analizzare quanto avviene a Bruxelles quindi, il libro fa luce su cosa significhi fare lobbying a Roma come a Berlino, a Madrid come a Budapest, a Helsinki o ad Atene così come a Vilnius o a Nicosia, provando non solo a raccogliere informazioni, dati, numeri, tendenze, ma anche a disegnare un quadro analitico generale in termini di metodologia della ricerca e di sistemi politici comparati, fornendo indicazioni preziose per quanto riguarda la presenza (e l’efficacia) di norme di regolazione del settore, la cultura politica e le pratiche effettive che caratterizzano ognuno dei ventinove (28+1) sistemi politici analizzati. Si tratta della prima pubblicazione accademica che arriva a coprire la totalità dei Paesi UE, fornendo uno strumento di conoscenza e di analisi assai utile sia per i policy-makers, sia per gli operatori del settore e per ricercatori e studenti interessati al tema.

Gli autori

Frutto di un progetto di ricerca internazionale coordinato da Alberto Bitonti (Professor of Politics presso IES Abroad Rome, Fellow dell’American University di Washington DC e docente alla LUISS a Roma) e da Phil Harris (Director del Business Research Institute dell’Università di Chester nel Regno Unito e Founding Editor del «Journal of Public Affairs»), il volume – acquistabile in Italia nelle librerie internazionali oppure on line su questa pagina, ha coinvolto in tutto 46 esperti, tra accademici, lobbisti e ricercatori, che hanno consentito di fare luce su un settore – quello del lobbying e dei public affairs – spesso avvolto da pregiudizi, da scarsa conoscenza scientifica e da effettiva opacità nella quasi totalità dei paesi europei (e del mondo). Avendo coinvolto in ognuno dei casi analizzati autori provenienti proprio dal Paese in questione, la ricerca ha consentito di superare il problema delle barriere linguistiche, avendo a disposizione testimoni privilegiati che potevano contare su una conoscenza “dall’interno” del sistema, sia sul piano della regolamentazione che su quello delle effettive pratiche professionali, oltre che delle consuetudini e dei riferimenti istituzionali.

I contenuti del libro

I capitoli iniziali e quello conclusivo del libro introducono il tema, gli obiettivi della ricerca, i suoi profili metodologici, le conclusioni in termini di ricerca comparata e di trend generali.

I ventinove capitoli centrali (uno per ogni paese UE più uno sulle istituzioni comunitarie), invece, forniscono un’analisi non solo del quadro della regolamentazione dell’attività di lobbying – argomento su cui si concentrano la maggior parte delle pubblicazioni sul tema – ma anche dell’assetto istituzionale di ogni Paese (sistema costituzionale, sistema partitico-elettorale, finanziamento della politica, etc.), della cultura politica prevalente (anche in chiave storica), della percezione del fenomeno lobbistico da parte dell’opinione pubblica, nonché della professionalizzazione del settore – considerando il numero di professionisti attivi, il giro d’affari annuo, l’eventuale presenza di associazioni di categoria, di codici deontologici, di percorsi di formazione universitaria dedicati etc.

Tre gli aspetti particolarmente significativi e meritori del volume:

  1. la dimensione della ricerca: tutti e 28 i Paesi Membri dell’Unione Europea, più il livello comunitario delle istituzioni europee. È la prima ricerca con un campo d’analisi così ampio e completo per quanto riguarda l’Europa.
  2. la profondità dell’analisi: ogni capitolo riguardante i Paesi non si limita infatti all’aspetto della regolamentazione del lobbying, ma approfondisce il settore nei suoi aspetti istituzionali, politici, culturali, storici, in un’ottica di scienza politica integrata.
  3. l’approccio metodologico: non ci si è limitati ad analizzare fonti secondarie, ma si è lavorato direttamente insieme a testimoni privilegiati (autori dei singoli capitoli sui paesi), che – in qualità di esperti, accademici o professionisti del settore – hanno potuto raccogliere dati e informazioni complesse riguardanti ogni Paese analizzato (lo stesso Paese di provenienza degli autori nella quasi totalità dei casi).

Alcune conclusioni della ricerca

Come scritto nelle conclusioni del volume, “analizzare come funziona l’influenza sul potere e quale ruolo esercitino i gruppi di interesse e i vari attori di un sistema politico sul processo decisionale è estremamente utile per capire quei processi e il modo in cui funziona il sistema stesso. Ecco perché, nel raccogliere i dati e i punti di vista forniti nei diversi capitoli di questo volume, speriamo di aver posto le basi per una nuova e più completa prospettiva di che cosa sia la democrazia nei paesi europei oggi” (p.351, trad. it.).

Nello studiare il lobbying, gli autori evidenziano come vi siano innumerevoli ostacoli:

  • la mancanza di una definizione chiara e univoca di che cosa significhi oggi fare lobbying, un’attività intrapresa non solo da singole agenzie e da aziende, ma anche da associazioni di categoria, associazioni non governative, sindacati e tanti altri soggetti, e i cui confini rispetto al campo della comunicazione, delle relazioni pubbliche, della consulenza politica sono tutt’altro che netti;
  • la reperibilità e l’affidabilità di dati e informazioni su un settore regolamentato solo in pochissimi casi (solo 6 paesi su 28 prevedono un Registro obbligatorio: Austria, Irlanda, Lituania, Polonia, Regno Unito, Slovenia), e sul quale è necessario fare un grande lavoro per trovare numeri e stime affidabili. Per esempio, nel registro della Trasparenza UE ci sono più di 11mila organizzazioni registrate, e quasi 7mila persone accreditate ad accedere al Parlamento: tuttavia, non essendo un registro obbligatorio, ed essendo tra l’altro tali cifre non sempre omogenee, è difficile pensare di limitare a questi numeri il mercato dell’influenza a Bruxelles, tanto che alcuni stimano che il numero di professionisti coinvolti in attività di lobbying a Bruxelles sia invece intorno ai 100mila.

La ricerca ha, ad ogni modo, evidenziato alcune tendenze generali, emerse in numerosi casi analizzati:

  • una crescita del “mercato” del lobbying in tutti i casi considerati, per quanto riguarda sia il numero degli occupati nel settore che in termini di fatturato prodotto;
  • una crescente professionalizzazione del settore, data dalla presenza (in circa la metà dei paesi UE) di corsi universitari e Master dedicati a lobbying e public affairs, e dalla presenza in diversi casi di associazioni professionali di lobbisti (come il Chiostro in Italia o la OePAV in Austria)
  • un atteggiamento tendenzialmente negativo verso la professione del lobbista da parte dell’opinione pubblica praticamente nella totalità dei Paesi analizzati, con la parziale eccezione del Lussemburgo, a causa di un profondo problema culturale legato alla concezione del rapporto tra decisori pubblici e interessi privati.

Su un piano istituzionale più ampio, gli autori evidenziano anche come negli ultimi anni o decenni (a seconda dei casi) si stia assistendo a profondi cambiamenti dei sistemi politici nazionali, con un ruolo crescente degli esecutivi rispetto alle assemblee elettive, con una frammentazione della rappresentanza che mette in crisi gli attori politici tradizionali (in primis i partiti), e con un’architettura istituzionale multi-dimensionale più complessa (che va dal livello comunitario a quello regionale e locale), che rende i paesi dell’Unione Europea delle arene politiche assai più articolate rispetto al passato.

Per quanto riguarda l’aspetto della regolamentazione del lobbying, infine, gli autori sottolineano come qualsiasi normativa sul settore non si possa limitare semplicemente alla previsione di qualche forma di registro per lobbisti, ma debba considerare invece anche norme e pratiche riguardanti le cosiddette revolving doors (le “porte girevoli” per cui si passa agilmente dall’essere decisori pubblici all’essere lobbisti), i conflitti di interessi, il finanziamento della politica (un aspetto per l’Italia oltremodo importante considerando l’abolizione del finanziamento pubblico della politica), le leggi anti-corruzione, l’accesso fisico ai palazzi del “potere”, e in generale la trasparenza e l’apertura che caratterizzano i processi decisionali.

Altre informazioni sul volume, estratti dai capitoli e novità

Tutte le informazioni sul volume e sulla ricerca si possono trovare sul sito www.lobbyingineurope.com, insieme ad estratti del libro e ad altri post riguardanti novità e notizie sui temi della ricerca.

Lezioni per l’Italia

Secondo Alberto Bitonti, curatore del volume, a capo del progetto di ricerca e coordinatore del Comitato scientifico del Chiostro, “anche nel settore del lobbying e della rappresentanza di interessi, l’Italia può apprendere molto da un approccio comparato che prenda in considerazione cosa avviene negli altri paesi europei. Lezioni utili possono arrivare per esempio per il legislatore, quando si parla di regolamentare questo settore con una normativa organica sul lobbying. Capire cosa sta funzionando e cosa invece non va nei Paesi che hanno già intrapreso questa strada – come l’Austria, la Slovenia o il Regno Unito – ci permetterebbe di non fare gli stessi errori e di adottare soluzioni più avanzate e intelligenti”.

“I valori cardine della filosofia dell’open government (governo aperto), la trasparenza, la partecipazione, l’accountability – continua Bitonti – ci indicano la direzione giusta in questo senso. Se si vuole combattere il populismo e la crisi di rappresentanza e di legittimazione che sta colpendo le democrazie di tutta Europa (e non solo), è necessario ripensare in parte il processo decisionale stesso, innovando il rapporto tra la democrazia stessa e i suoi attori, i suoi canali, i suoi strumenti, le sue regole. Si tratta di affrontare un problema antico – come migliorare i processi di governo ed elevare la qualità della legislazione e delle decisioni pubbliche – a fronte di soluzioni ed opportunità di cui oggi disponiamo anche grazie alla rivoluzione digitale. La rappresentanza degli interessi tradizionale – legata ai partiti, ai sindacati, alle associazioni datoriali – è già cambiata da un pezzo; per questo è importante rimodulare l’idea della rappresentanza oggi, adattando le strutture della democrazia rappresentativa – che devono rimanere al centro del sistema con tutte le loro garanzie – ad un contesto più complesso e frammentato rispetto a quello del secolo scorso”.

“Iniziative come quella del Registro dei Lobbisti creato al Ministero dello Sviluppo Economico dal Ministro Carlo Calenda, o come il Regolamento sui lobbisti della Camera promosso dalla Vice-Presidente Marina Sereni, sono sicuramente due passi importanti per l’Italia, che da sempre soffre di un problema culturale enorme riguardante lobby e lobbisti. Tuttavia la strada da compiere è ancora lunga: studiare i successi e soprattutto i fallimenti di chi in Europa, a Bruxelles e nei singoli Paesi membri, si sta occupando di questo problema è il primo passo verso la direzione giusta. Proprio questo è l’intento della nostra ricerca e di questo libro” conclude Bitonti.